Questo libro è un po' la mia storia. Personale e professionale.
"Tecnica di polizia giudiziaria ambientale" è un'idea nata circa 25 anni fa quando, giovane pretore di Sorgono (Nuoro), impegnato sul campo con gli stivali ai piedi (era il tempo dei "pretori d'assalto", come qualcuno - per criticarci - ci definiva…), dividendo di giorno con gli operatori di PG del posto azioni di contrasto a bracconieri ed incendiari, la sera ci riunivamo per fare il punto delle situazioni ed impostare un po' di didattica spicciola. Roba pratica, basata sulle esperienze delle ore passate insieme, coniugando codici e procedure con il fumo degli incendi che ci portavamo addosso o il sudore delle operazioni di appostamento appena concluse. Le regole del codice di procedura, le nozioni delle allora prime leggi ambientali, lette insieme, dibattute, sciolte in lezioncine per il giorno dopo, con gli stivali ancora ai piedi. Sede: la base degli elicotteri stirati al massimo ed esausti peggio di noi, lo scantinato della pretura, il retrobottega del baretto che infornava pure la pizza.
Poi abbiamo esteso le pretese. Sono arrivati altri, da altre zone. E tutti a dibattere e discutere di regole ed esperienze, di dubbi e codici, di cosa fare e non fare alla luce di quanto vissuto sul campo. E nel tempo libero ho iniziato a viaggiare fuori zona. Per esportare questi incontri, sempre con gli stivali ai piedi ed in mezzo a gente affumicata e sudata, entusiasta e permeata del proprio lavoro vissuto come stile di vita, ideale, entusiasmo operativo. E sono diventato uno di loro.
Ed ho iniziato a scrivere qualcosa per loro. Appunti di campagna di un "pretore d'assalto", pagine di modesto diritto procedurale letto alla luce dei casi concreti. E sono nati i primi foglietti di "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale". Realizzati con la macchina da scrivere, con la carta carbone, con il correttore a mano, e poi ciclostilati e fatti circolare. Taglia e incolla non come oggi con il computer, ma con le forbici e la colla Coccoina con il pennellino; "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale" all'inizio sapeva ed odorava di inchiostro e collante, era prima su foglietti di appunti volanti e poi su dispensine che a rivederle oggi (alcuni veterani, qualche tempo fa, me ne hanno fatto omaggio...) ti viene da ridere.
Ho scritto le prime note di "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale" mentre ho dormito nelle caserme in città e nelle casermette in montagna, ho volato sugli elicotteri e viaggiato sui fuoristrada, e su barchini da brivido, ho percorso non so quanta strada sui loro mezzi, in loro compagnia, dividendo emozioni e fatiche, successi e delusioni, rabbia e passione. Soprattutto la passione. Che ci ha uniti ed ancora, a distanza di un quarto di secolo, mi unisce a loro. "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale" rappresenta le mie radici. L'inizio della mia esperienza come operatore sul campo e - nel contempo - docente e scrittore di qualcosa che ha unito, ci ha unito, in 25 anni attraverso un'idea, una passione, un cortocircuito di energia positiva che è stato incredibilmente vivo e vivace. E che ancora oggi è fonte di passione e condivisione con tanti, tantissimi.
Nel corso di questo quarto di secolo sono cambiate tante cose. Una buona sorte ha voluto fare di me un docente presso le più grandi ed autorevoli scuole di polizia dello Stato e mi ha concesso il dono di produrre per le librerie oltre trenta opere. Ma "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale" è rimasto qualcosa di speciale, di ancestrale, di unico. In ogni senso. E non solo per me.
Quei foglietti iniziali e quelle rudimentali composizioni di primogenitura sono poi diventate un libro realizzato in diverse edizioni, contenuti, e soprattutto voluminosità di contenuti. Un testo che è stato letto da intere generazioni di operatori di polizia, studenti, giovani avvocati e magistrati, e che ha creato in questi anni una specie di invisibile ma forte e penetrante filo di unione ideale e culturale, forse anche un po' ideologica, tra tutti coloro che hanno sfogliato quelle pagine. Giovani ed anziani, esperti o novellini, operativi su strada o cultori da studio. Nessuna delle pubblicazioni che ho poi realizzato ha avuto il successo e la condivisione di "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale" e nessuna mia docenza in questi anni ha mai riscosso maggiore partecipazione di questo programma. Di questa idea. Sempre e dovunque, tanti mi chiedono una versione aggiornata di "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale". Perché ci hanno studiato sopra, hanno fatto il corso con questo libro, li ha colpiti per qualcosa. Un seminario di "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale" a Frosinone nel 2005 ha raccolto 1350 persone! Oltre quelle, il teatro che ci ospitava non poteva accogliere…
E quel giorno ho avuto la conferma che "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale" non è stato solo un libro o un seminario, ma un momento di sentita e diffusa condivisione culturale nel campo del diritto ambientale. Con gli stivali ai piedi. Sul campo, come allora. Come oggi. Sempre e solo dalla parte della legalità nel campo ambientale.
Ed eccomi qui. A riscrivere, stavolta con un computer e collegato in adsl, l'ennesima edizione di quel blocchetto di fogli iniziato 25 anni fa. Sono passati tanti anni. Ma la passione e la condivisione ideale ed operativa che mi unisce agli operatori di PG con gli scarponi sporchi di fango è rimasta intatta. Ancora dormo spesso nelle caserme; ancora viaggio tanto con loro, su strada ed a volte anche in volo, o su motovedette di ultima generazione. E loro sono sempre gli stessi, pur adesso con tante e diverse divise. Con la stessa passione che mi coinvolge e mi dà forza. Ed anche io sono lo stesso, anche se l'anagrafe è inclemente. Ma le idee non hanno età. Ed è straordinario oggi vedere in aula giovanissimi agenti e stagionati ufficiali ancora per ore impegnati a dibattere e confrontarsi sulle tecniche di polizia giudiziaria ambientale come tanti anni fa. Una energia positiva che - almeno intellettualmente - mi mantiene veramente giovane.
A loro è dedicato questa ennesima e nuova edizione di "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale". Con tutto il mio affetto ed il ringraziamento per quello che in questo quarto di secolo tutti loro, di generazione in generazione, di divisa in divisa, hanno saputo darmi. Io so dare qualche nozione in più di tecniche operative da strada. È quello che so fare, e spero di essere ancora all'altezza delle aspettative. Ho scelto una formula più flessibile, più dinamica del testo per adattarlo alle nuove esigenze applicative rispetto alle più recenti leggi ambientali.
Di fronte a me, mentre scrivo queste righe, su uno scaffale fa capolino la vecchia macchina da scrivere marca Olimpia che non ho mai buttato via. Tutti si chiedono (in particolare la signora delle pulizie che la considera un unitile ingombro da spolverare) perché tra tanta tecnologia nella quale sono immerso, conservo ancora quell'aggeggio inutile.
Forse i lettori "storici" di "Tecnica di polizia giudiziaria ambientale" mi possono capire. Tra quei tasti a riposo ci sono le nostre radici di cultori di un'idea: il nostro diritto all'ambiente.
Maurizio Santoloci
Maggio 2008