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Rifiuti/ Carta riciclata, la Cina non compra più. Allarme smaltimento per i Comuni


31 December 2008

Scherzi della globalizzazione: con il rallentamento dell’economia mondiale diminuisce la domanda non solo di materie prime, le cui quotazioni continuano così a calare nonostante i proclamati tagli alla produzione, ma anche di materiali di riciclo come plastica, vetro e carta. E quella che poteva essere una carta vincente da giocare in tema ambientale e di politica energetica (nonchè a supporto del mercato del lavoro, come ha fatto intendere in America lo stesso presidente eletto Barack Obama) rischia di rivelarsi, almeno alle attuali condizioni, una bufala.

Il caso della carta è eclatante: passato da importatore ad esportatore netto nell’ultimo decennio (dalle 873 mila tonnellate importate nel 1997 l’Italia ha segnato esportazioni nette per 400 mila tonnellate l’anno passato), il nostro Paese rischia ora di risentire pesantemente del rallentamento di Germania e Cina, principali mercati di sbocco. E così sotto le feste mentre i residui degli imballi di pacchetti e pacchettini natalizi ingolfano i cassonetti della raccolta, più di un assessore guarda con timore al nuovo anno alla ricerca, in qualche caso, di siti di stoccaggio dove collocare una produzione divenuta esuberante rispetto alla domanda e che rischia di richiamare alla memoria le immagini delle arance siciliane finite interrate anni fa a causa della sovraproduzione o, addirittura, immagini più funeste come quelle dei cassonetti di Pianura, in Campania.

Aggiungendo al danno la beffa, ad essere maggiormente colpiti saranno, se non si troverà una soluzione, Comuni “modello” come Prato che, con 174,3 kg per abitante, aveva segnato nel 2006 un record rispetto ad una media nazionale di 38 kg per abitante (media che nel Nord Italia si alzava a 59,5 kg per abitante). Il problema nasce dal ritiro dal mercato della Cina, finora primo acquirente mondiale di carta da riciclaggio, e dalla decisione della Germania, altro importante mercato di sbocco del settore, di avviare la carta raccolta agli inceneritori piuttosto che alle cartiere.

In sostanza in presenza di un crollo della domanda mondiale la carta che raccogliamo diligentemente ormai da anni in tutta Italia è destinata, ben che vada, a finire bruciata per produrre energia, quando non ad essere l’ennesimo rifiuto da stoccare. Sorte analoga rischiano come detto vetro e plastica, che peraltro presentano caratteristiche fisiche che rendono meno difficile uno stoccaggio provvisorio fosse pure a cielo aperto.

Difficile individuare nell’immediato soluzioni, se non un incentivo a un maggior utilizzo del materiale di riciclo anche per produzioni (carta igienica-sanitaria, carta grafica) dove restano da recuperare alcuni ritardi rispetto alle medie di utilizzo europee, peraltro compensate da punte di eccellenza nel settore degli imballaggi in cartone ondulato (ormai interamente riciclato), nel cartone per astucci (riciclato al 90%) e nelle carte per imballaggio (84% di riciclo).

Occorre sperare in un graduale calo dell’utilizzo di carta di nuova produzione, della quale l’Italia resta importatrice netta, e in una ripresa della domanda mondiale di quella da riciclaggio. Unica buona notizia, pochi giorni fa il Conai (il consorzio che a livello nazionale si occupa del riciclo di acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro) ha siglato con l’Anci (l’associazione che riunisce i Comuni italiani) il nuovo accordo quadro quinquennale destinato a entrare in vigore il prossimo primo gennaio e che prevede che i corrispettivi economici riconosciuti dal sistema consortile per i rifiuti di imballaggio raccolti dalle Pubbliche Amministrazioni, vengano rivalutati annualmente dei 2/3 dell’indice nazionale dei prezzi al consumo.

“I Comuni avranno ora alcune certezze in più per poter puntare con sempre maggiore incisività sulla raccolta differenziata dei rifiuti e su una diffusa cultura del riciclaggio” nonostante la crisi economica abbia investito anche il settore delle materie secondarie, ha commentato il presidente dell’Anci, Leonardo Domenici. C’è tuttavia da sperare che il “business” del riciclaggio non si risolva solamente in una serie di incentivi alle amministrazioni locali, ma che sappia trovare nuovi sbocchi industriali o nel settore della cogenerazione elettrica. Altrimenti il rischio “bufala” sarebbe grande, assieme a quello di possibili ripercussioni negative nella delicata gestione dei rifiuti.

Luca Spoldi

Url : http://www.affaritaliani.it/economia/rifiuti12082008.html
Fonte: affaritaliani.it

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